Bulletin #9

“L’arte deve recuperare l’umanità”

In dialogo con Enea Righi “Among the invisible joins”, tra le giunzioni invisibili

AMONG THE INVISIBLE JOINS Opere dalla Collezione Enea Righi. Berlinde De Bruyckere, Aanèèn-genaaid, 1999, exhibition view Museion 2024. Photo: Luca Guadagnini

Quella di Enea Righi è una delle più visionarie e significative collezioni private di arte contemporanea internazionale in Italia. Grazie a un rapporto di fiducia costruito negli anni, oltre 150 opere di questa importante collezione, in prestito permanente a Museion, vengono presentate al pubblico nella mostra “AMONG THE INVISIBLE JOINS Opere dalla collezione Enea Righi”. Per l’occasione, abbiamo parlato con Enea Righi di cosa significhi affidare la propria collezione a un museo, di giunzioni invisibili e dialoghi possibili tra le opere, ma soprattutto dell’arte che sa ancora emozionare e sconvolgere, mentre ci parla dei contrasti del nostro tempo.

Da cosa è mosso il suo rapporto di fiducia con il museo, quell’affidare (e affidarsi) la propria collezione a un luogo che non siano le mura di casa?

È un atto di fiducia che per me è reciproco. Dalla sanità all’arte, ho una visione pubblicistica: ritengo che il sistema pubblico debba essere l’elemento divulgativo dell’arte nel territorio; credo poco alle Fondazioni private, a parte alcune grandi eccellenze come Prada e Hangar Bicocca, che sono di per sé dei musei. Il sistema dell’arte e dei musei è molto debole, perché continuamente falcidiato nella consistenza economica della propria attività, ma, come detto, io ci credo e sono assolutamente convinto che questa sia la direzione giusta; quindi, finché posso, darò una mano ai musei.

AMONG THE INVISIBLE JOINS Opere dalla Collezione Enea Righi. Massimo Bartolini, La Strada di Sotto, 2011, exhibition view Museion 2024. Photo: Luca Guadagnini

E a Museion in particolare.

Il rapporto con Museion è iniziato circa 15 anni fa, la prima mostra si è svolta nel 2010 e proprio a cavallo di quel periodo si pensò al prestito a lungo termine, che in realtà mi fu chiesto dall’allora direttrice Letizia Ragaglia per rafforzare la struttura della collezione del museo e sostenerla nei rapporti con i musei stranieri e con l’attività espositiva attraverso i prestiti delle opere. Nel tempo si sono aggiunti nuovi lavori e il rapporto si è consolidato, con il direttore Bart van der Heide c’è una grande sintonia di vedute e di visione generale dell’arte.

Lei ha raccontato che il collezionare nasce da un’esigenza quasi fisica, vera, personale… è ancora così?

È peggiorato. Effettivamente c’è sempre stato un rapporto fisico, ed è paradossale, ma invecchiando le sensibilità e la commozione aumentano. Le faccio un esempio. Io sono molto scettico di come si sta muovendo il mondo dell’arte, va tranquillamente verso il disastro, credo che abbia perso gran parte della propria anima e sono stato per un po’ di tempo anche lontano dal mercato, con questo eccesso di pittura, e dopo l’ondata NFT c’è stata l’ondata africana…

Ma…

La situazione è svoltata con due opere: un lavoro dell’artista Gabrielle Goliath che ho visto in mostra da Raffaella Cortese, con dieci enormi video in cui dieci donne cantano in loop un’elegia che è una forma forse anche di rito funebre - quindi tristissima - in cui ricordano le violenze che hanno subito… mi ha sconvolto. La seconda è stata quando la scorsa estate eravamo in Sicilia in vacanza e abbiamo visitato la galleria Laveronica a Modica. Lì ho visto un lavoro del libanese Rabih Mroué incentrato sulla fuga, sull’idea di quanto accaduto negli anni dalla guerra tra Giappone e Stati Uniti in poi. Racconta di una forma di violenza che viene perpetrata dall’invasore, un atto di guerra nei confronti della popolazione che si sta per bombardare inviando dei volantini che avvisano dell’attacco imminente, in cui si dice “andatevene”… lo hanno fatto gli americani su Nagasaki e in Iraq, i russi in Siria, gli israeliani a Gaza e in Libano, adesso lo fanno tramite SMS. E io mi sono messo nei panni di questa povera gente, è come se a Bolzano arrivassero questi volantini e dicessero fra due ore vi bombardiamo. Per me è una forma di violenza assoluta e terribile. Lì mi sono emozionato e questa è la cosa bella dell’arte.

AMONG THE INVISIBLE JOINS Opere dalla Collezione Enea Righi. Walid Raad, We Decided to Let Them Say “We are Convinced” Twice (It was More Convincing this Way), 2005, exhibition view Museion 2024. Photo: Luca Guadagnini

Quindi un’arte “politicamente impegnata…”

Guardi, è vero, è un’arte politica, un’arte impegnata, ma a me non interessa niente dal punto di vista della scelta politica o dello schieramento, è più una presa di posizione nei confronti dell’essere umano, che deve superare queste cose, l’arte deve recuperare l’umanità, l’umanità del rapporto tra esseri umani e tra comunità. È questa la vera funzione dell’arte ed è questa la cosa che mi interessa di più, che è un po’ il filo conduttore della mostra a Museion.

A proposito, la mostra a Museion parla dei rapporti invisibili tra le opere, ma anche tra il collezionista e le opere stesse, che riflettono la sua visione della vita… quali sono i tratti forti, caratteristici, di questa visione?

Una collezione di fatto rappresenta un collezionista e questo è il bello dell’arte… io sono molto annoiato quando vedo collezioni sempre uguali, perché vengono fatte dalle stesse gallerie e spesso da architetti o da galleristi, ma non da collezionisti. In mostra riguardavo prima il bellissimo lavoro di Walid Raad We Decided to Let Them Say “We are Convinced” Twice (It was More Convincing this Way), che è quanto mai attuale nella situazione di conflitti internazionali che stiamo vivendo - e do un giudizio politico ma non di sistema, io non sto da una parte o da un’altra; credo che il dato di fondo sia, come già detto, che bisogna recuperare l’umanità, con il superamento delle ideologie che determinano disastri a tutti i livelli. E credo che l’arte in questo possa avere un ruolo estremamente importante. Come ad esempio il duetto che c’è in mostra tra l’opera di Anna Boghiguian (Woven Winds. The Making of an Economy-Costly Commodities) e il video di Theaster Gates (Billy Sings Amazing Grace) che è lancinante, un vissuto di secoli di colonialismo, di violenza, narrato da queste voci che sono vibranti e allo stesso tempo molto forti. Mi ricordo che vidi il video di Gates per la prima volta a Toronto e non riuscivo a uscire dalla sala. Anche oggi quell’emozione è sempre lì, presente, ogni volta che entro in sala vengo rapito da queste voci.

AMONG THE INVISIBLE JOINS Opere dalla Collezione Enea Righi. Anna Boghiguian, Woven Winds. The Making of an Economy – Costly Commodities, 2016, exhibition view Museion 2024. Photo: Luca Guadagnini

E poi c’è la “risata” nell’opera intitolata D’io di Gino De Dominicis al quarto piano.

De Dominicis è uno dei pochi artisti che ha lavorato sull’immortalità. Io e Lorenzo (Paini, ndr) discutiamo molto su quest’opera, perché ognuno di noi dà una sua interpretazione di quella risata, che può essere sarcastica o drammatica. La mostra nasce dal “disastro” del piano terra in un percorso che arriva fino al quarto piano, verso una forma anche di speranza, con il cuore pulsante e le luci del lavoro di Massimo Bartolini (Strada di Sotto). Però sarà così? Punteremo tutti all’immortalità? E lui ride di questo. La risata è la chiusura di un sistema.

AMONG THE INVISIBLE JOINS Opere dalla Collezione Enea Righi. Gino De Dominicis, D’io, 1971, exhibition view Museion 2024.   Photo: Luca Guadagnini

In una passata intervista ha detto che idealmente le piacerebbe scrivere un Nuovo Manifesto per l’arte contemporanea in Italia. Di cosa c’è più bisogno, secondo lei, nel panorama attuale dei musei e dell’arte?

Lo stato nelle sue diverse articolazioni deve recuperare il sistema pubblico dei finanziamenti. Il sistema dell’arte contemporanea purtroppo o per fortuna non fa numeri: un museo oggi per fare numeri ha bisogno di fare una mostra su un qualsiasi tipo di impressionista o un tema che sia legato agli impressionisti, la neve, le montagne o simili. Vedi mostre con un quadro di un impressionista serio e dieci opere mediocri, e questo porta pubblico e numeri che l’arte contemporanea non fa. E invece bisognerebbe far capire che il fatto di non fare numeri potrebbe anche magari cambiare le coscienze. Se cambi le coscienze a ventimila persone non farai 100mila ingressi, ma stai dando una mano a ventimila persone a pensare.

Per la redazione del Museion Bulletin: Caterina Longo e Mara Vicino

La mostra AMONG THE INVISIBLE JOINS Opere dalla Collezione Enea Righi è visitabile a Museion fino al 02.03.2025. Orari di apertura mar-dom 10 – 18, gio 10 – 22 (ingresso gratuito dalle ore 18)

Il progetto espositivo presenta un’ampia gamma di opere d’arte, progetti architettonici e libri d’artista di rinomati artisti e artiste internazionali; le opere selezionate incoraggiano spettatori e spettatrici a riflettere sugli spazi di transizione dell’esistenza contemporanea, dove le tensioni socio-politiche si intrecciano con l’espressione artistica.

Bulletin 2024

La Fondazione Museion. Museo di arte moderna e contemporanea con sede in 39100 Bolzano, Piazza Piero Siena 1, cerca un/a Responsabile reparto Marketing e Comunicazione

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